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Un grido nel buio - I parte

di Ornella Albanese
Romanzo breve
pubblicato su GIOIA

Una sola cosa Kenneth avrebbe dovuto prevedere. Che Myrtle non aveva alcun problema nel riconoscere i propri errori.

Lo aveva sposato sfidando amici, parenti e il conformismo un po’ ipocrita del mondo al quale apparteneva. Lo amava follemente tanto che Kenneth stesso, nonostante la sua presunzione pressoché illimitata, si era chiesto un paio di volte che cosa in effetti avesse trovato in lui. Non aveva soldi, non era particolarmente bello ed era senz’altro più intuitivo che intelligente.

Certo, fino ad allora non aveva mai avuto problemi con le donne, ma si era sempre trattato di impiegate, di commesse e di qualche compagna di corso piuttosto intraprendente .

Myrtle invece apparteneva a un’altra dimensione.

Innanzitutto era ricchissima, aveva così tanti soldi che all’inizio lui ne era rimasto intimidito. E poi era anche molto bella, brillante, allegra ed estroversa, Kenneth se ne sarebbe innamorato sul serio se non fosse stato troppo difficile per lui innamorarsi della perfezione.

Tutto sommato preferiva le sue ragazzotte procaci e un po’ volgari, però non era uno sciocco e aveva capito in fretta che la sua storia con Myrtle avrebbe potuto diventare importante.

E infatti era stato così. Lei aveva voluto sposarlo, senza ascoltare i consigli di chi le stava intorno.

illustrazione del romanzo: Un grido nel buio

- E’ un uomo vero – spiegava a chi le chiedeva perché. – Sono stanca dei soliti manichini di buona famiglia. Farà qualche gaffes, scambierà il bicchiere dell’acqua con quello del vino, ma è proprio un uomo vero, credevo che non ne esistessero più.

Comunque Kenneth aveva assorbito in fretta gli umori di quel mondo al quale non apparteneva. Curava moltissimo la sua persona, aveva abiti impeccabili per ogni occasione e acquistava sempre gli oggetti più costosi.

- Cerco di essere alla tua altezza – le diceva col più accattivante dei sorrisi.

Myrtle ricambiava il sorriso, ma qualcosa cominciava a incrinarsi nel loro rapporto.

L’uomo che aveva sposato stava diventando la copia identica di quei manichini che in passato l’avevano annoiata a morte. In più il suo attaccamento al denaro cominciava ad avere qualcosa di morboso.

Myrtle era una donna intelligente e anche una buona osservatrice, così ben presto dovette ammettere che Kenneth non era neanche un po’ innamorato di lei.

Gli parlerò, decise. Gli parlerò con molta chiarezza.

Era disposta a tutto pur di salvare il loro matrimonio, ma se per caso non ci fosse stato proprio niente da fare, lei non era certo il tipo da intestardirsi nei propri errori.

Subito dopo però ci fu la storia di Geraldine e Myrtle capì che le parole erano ormai completamente inutili. Non c’era proprio più niente da salvare nella loro vita insieme.


Geraldine era una delle ragazze che Kennet aveva frequentato prima di sposare Myrtle. In realtà, non era proprio una ragazza qualsiasi, se ne era invaghito e non riusciva a fare a meno di lei.

Si incontravano furtivamente, con mille precauzioni, però Myrtle lo venne a sapere a causa di una disattenzione di Kenneth.

- Hai una settimana di tempo – gli disse con occhi di ghiaccio quando tutto fu chiaro. – Una settimana per mettere insieme la tua roba e sparire da qui.

- Stai scherzando, Myrtle?- Kenneth non si rendeva conto. – Non puoi rovinare tutto per una storia di nessuna importanza.

- Non è una storia di nessuna importanza, visto che dura fin da prima che ci conoscessimo – precisò lei in tono tagliente. – Comunque non ti rimprovero nulla. Sono stata io a non capire. Quando ci siamo conosciuti mi hai detto che ero in cima alla tua lista di belle ragazze con patrimonio cospicuo. Io avevo creduto che fosse una battuta, invece era vero. Tutto qui.

- Nessuno che abbia imparato a conoscerti può vedere in te solo un patrimonio cospicuo, Myrtle. Sei mia moglie. Io non voglio rinunciare a te.

Lei aveva scosso la testa, ostinata. - Mi dispiace, per me il denaro è superfluo, l’amore invece è obbligatorio.

- Parli così perché sei sempre stata ricca! – le rilanciò lui con forza. Ma poi tornò implorante. - Ti prego, Myrtle...

Lei non lo lasciò finire, gli volse le spalle, uscì dalla sala e poi raggiunse la sua camera. Con gesti convulsi e il respiro affrettato, cominciò a pigiare un po’ di roba in una valigia. La fredda calma di poco prima era sparita, lei amava Kenneth ed era sconvolta per il fallimento del loro matrimonio. Non avrebbe sopportato un’altra discussione, meglio andare via per una settimana e trovare al suo ritorno la casa vuota, le cose di Kenneth sparite, proprio come se lui non fosse mai esistito.

Prese il telefono e digitò il numero con dita rigide di tensione: - Charles, sei tu?

Charles era il legale e l’amministratore di Myrtle, ma prima di tutto era il suo più caro amico. E prima era stato il più caro amico di suo padre. L’unica volta che lei non aveva ascoltato i suoi consigli, era stato per sposare Kenneth.

- Che cosa c’è Myrtle? – la voce dell’uomo, bassa e pacata, non riuscì a calmarla.

- E’ successo, Charles. E’ successo proprio questa sera. Ho cacciato di casa mio marito. Ci fu qualche istante di silenzio, poi: - Posso congratularmi? – chiese Charles, ma piano, con tono quasi umile, perché non voleva rischiare di ferirla.

- Oh Charles, sono così infelice! – esclamò infatti lei, la voce sottile e un po’tremante. – Sto andando via per una decina di giorni, in un bel posto con molto sole. Ho dato a Kenneth una settimana perché se ne vada, nel frattempo non ho voglia di vederlo né di discutere con lui. Ecco, volevo dirtelo. Per qualunque cosa, sbrigatela tu. Sapessi come sono infelice.

- Ma poi sarai felice di nuovo – la rassicurò lui, con voce inaspettatamente dolce. – La vita è piena di alti e bassi, non c’è mai niente di definitivo.

- Tu sei troppo saggio, mi fai rabbia! – esclamò Myrtle, poi, improvvisamente, ebbe voglia di concludere. – Ciao, Charles, ti chiamo appena torno. Ciao.

Mezz’ora più tardi Myrtle guidava verso la stazione, odiando Kenneth, se stessa e il proprio denaro, che non faceva distinguere gli amici veri da quelli falsi, l’amore dall’interesse.

A un tratto non riuscì più a controllare la tensione e scoppiò in singhiozzi. Le lacrime l’accecavano e i fari non riuscivano a rischiarare l’oscurità nebbiosa.

- Devo calmarmi – pensò Myrtle, agitata. – Non voglio provocare un incidente.


La telefonata arrivò in piena notte. Kenneth sussultò sulla poltrona e cercò a tentoni il telefono. La sua mente intorpidita dal whisky fu lenta a recepire le parole.

- Chi? Che cosa? Sì, sono io. Ma con chi parlo? E’ uno scherzo?

Non era uno scherzo. Incespicando sul tappeto, Kenneth si precipitò alla porta, poi tornò indietro per prendere la giacca, poi andò in bagno e mise la testa sotto il rubinetto. Era ubriaco fradicio ma ancora sufficientemente lucido per capire di non potersi presentare così, là dove era stata chiamato.


Il vecchio Charles era pallidissimo, la sua voce fredda e decisa, addirittura metallica.

- Non erano solo gli affari a legarmi a Myrtle. Era la figlia del mio migliore amico, in tutti questi anni ho cercato di starle vicino e di consigliarla per il meglio. Adesso lei è morta o ha voluto morire. C’era troppa disperazione nella sua voce quando mi ha telefonato, l’altra sera. Forse ha cercato lei l’incidente, ma non posso affermarlo con certezza. Posso solo dire che ha aperto gli occhi troppo tardi e che la vita è stata con lei, signor Hughes, generosa in modo indecente. Tutto ciò che aveva Myrtle adesso è suo, ma dovrà cercarsi un altro amministratore perché io eviterò accuratamente, in futuro, di incontrarla di nuovo e di rivolgerle la parola.

- Il piacere sarà solo mio – Il tono di Kenneth era ironico mentre piegava leggermente la testa per congedarlo.

Il vecchio Charles rimase impassibile per qualche istante, poi si avviò a lunghi passi verso la macchina.

- Vecchio pazzo – borbottò Kenneth.- Sarò ben felice di non averti più tra i piedi. Si guardò intorno e respirò profondamente. Tutte le noiose formalità erano state espletate, gli interrogatori della polizia, l’auto carbonizzata, il funerale, le condoglianze degli amici, un numero incredibile di strette di mano e di sorrisi mesti. Ma dentro di sé un’euforia indescrivibile.

- Sono ricco! – esclamò a voce alta, quasi un urlo. – Sono ricco e libero!

Abbracciò con lo sguardo il grande parco e poi si voltò ad ammirare la stupenda villa in stile liberty. Era come se la vedesse per la prima volta.

- E’ tutto mio – pensò. – Prima ero un ospite, adesso sono il padrone.

Il suo pensiero corse pieno di gratitudine a Myrtle che era stata, tutto sommato, proprio una brava moglie.


Erano passate quasi quattro settimane e Kenneth era un vedovo molto felice. Il sogno di ricchezza che aveva vagheggiato fin dalla sua infanzia piuttosto squallida era diventato realtà.

Quella sera aveva visto Geraldine. L’aveva incontrata in centro, con fare più furtivo e prudente persino di quando Myrtle era ancora viva. Si erano amati appassionatamente e adesso guidava rilassato verso casa, decisamente di buon umore. Proprio non avrebbe saputo che cosa altro chiedere alla vita.

Nel momento stesso in cui faceva girare la chiave nella serratura avvertì un rumore all’interno, come se ci fosse qualcuno. Spalancò di scatto la porta e vide che la luce della sala era accesa. Una figura si intravedeva attraverso la vetrata. Senza porsi domande, Kenneth entrò in sala e la prima cosa che lo colpì in modo violento fu la sua bellezza, prima ancora del fatto che fosse viva.

- Myrtle – balbettò.

- Kenneth! – Myrtle mosse qualche passo verso di lui. – Cosa fai ancora qui?

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