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L'anello di ferro - Leggereditore


Il Germanico sedette accanto al fuoco, continuando a osservare con ostentazione la donna. - Mi piace la tua mercanzia! – sogghignò, rivolgendosi al mercante. – Ma non sto parlando di dannati tessuti!

I soldati risero forte, liberando la tensione.

La donna alzò di scatto la testa, così Manlius poté vederle gli occhi. Erano di argento liquido. Gocce di luna tra ciglia scurissime. La nebbia doveva essersi diradata, per riuscire a distinguerli così bene. E per cogliere quel barlume atterrito. Wilhelm avrebbe terrorizzato una guerriera armata, figurarsi una giovane donna che non poteva difendersi.

Anche il mercante stava ridendo, ma più per compiacere un uomo temibile che per aver trovato divertente la frase.

- E' mercanzia preziosa – disse. – Non voglio mancarvi di rispetto, ma non credo che qualcuno qui se la possa permettere.

La donna chinò la testa, gli occhi di nuovo nell'ombra dello scialle.

- E' roba per re e per nobili, non per soldati di ventura – insisté il mercante.

Wilhelm si accigliò. – Il nostro signore non permette la schiavitù – affermò perentorio. - Se si tratta di una schiava, temo che dobbiamo confiscartela.

Gli occhi dell'uomo si spalancarono, sbigottiti. – Mi avete offerto cibo e ospitalità – gemette. – Non credo che il vostro signore permetta che si manchi di rispetto a un ospite.

- E' così, infatti – disse Manlius. La donna sollevò impercettibilmente la testa. Pur senza guardarla, lui ne intuì il movimento. – I nostri ospiti sono rispettati e non hanno nulla da temere. Mi chiedo, però, perché questa donna sia alla catena.

Un soldato aveva portato cibo e vino. Il mercante afferrò un pezzo di formaggio addentandolo avidamente.

- Perché è di mia proprietà – rispose a bocca piena. - Un nobile di Montescaglioso non aveva di che pagarmi certe sete di Bisanzio per sua moglie. Sete pregiate, sottili come ragnatele. Io sono un uomo mite. Non imbroglio, non approfitto, voglio solo quello che mi è dovuto. Mi basta vivere. Una piccola casa, cibo frugale, un regalo per la donna che mi scalda il letto. Qualche tiro a dadi. – Rise, come se volesse sminuire una sua debolezza. – Non riuscivo a riscuotere il mio credito così alla fine ho accettato una schiava invece del denaro. Vale le tue sete, mi ha detto l'uomo, perché è vergine. Ma capite anche voi che non ho potuto controllare, per non svilire il suo valore. – Rise forte, poi tossì e sembrò sul punto di soffocare. – Solo se mi ubriacassi fino a perdere la ragione, la cederei a chi non può pagarmi.

- Sei già ubriaco, povero bastardo – sibilò Yusuf, in modo che solo Manlius potesse sentirlo.

Wilhelm dovette pensare la stessa cosa e decise di portare a compimento quello che il mercante aveva cominciato.

– Assaggia questo vino – disse, piegandosi verso di lui per porgergli un boccale pieno. – E' dolce e speziato, se sei stanco ti rimetterà al mondo.

I suoi occhi scaltri non si staccarono dall'uomo, seguendo i suoi gesti. Lo osservò prendere il boccale, portarselo alle labbra e vuotarlo a lunghi sorsi. Solo allora tornò a guardare la donna.

Era bella, pensò, anche se non riusciva a vederle il volto. Molto più delle serve di cui si era dovuto accontentare in quei due anni a Tarsia.

Riempì il boccale che l'uomo aveva poggiato a terra, aspettò che lo vuotasse di nuovo, poi scoprì i denti in una smorfia beffarda.

- Un giro di dadi, mercante?

Aveva colto nel segno perché un luccichio di eccitazione brillò negli occhi arrossati dell'uomo. Era così ubriaco che probabilmente non sarebbe riuscito a distinguere le tacche dei dadi, eppure voleva giocare.

- Uno solo – farfugliò. – Non ho molto denaro.

E con l'imprudenza dovuta al vino aprì i lacci di una piccola borsa di cuoio e vuotò il contenuto per terra. Qualche moneta d'argento e piccole monete di rame. Non era molto, ma abbastanza per la maggior parte degli uomini che lo circondavano.

- Il dannato ubriaco finirà con la gola tagliata – disse Yusuf a Manlius.

- No, se avrà il buonsenso di perdere – obiettò lui, serio.

- Perché, tu credi che il mercenario gli lasci scelta?

Manlius si rivolse all'uomo. Non era alto, ma la sua struttura era compatta e muscolosa. Il vino, pensò il giovane, era come l'oppio dei Traci, rendeva vulnerabili anche gli uomini forti.

– Se fossi in voi non giocherei – lo ammonì. – I vostri riflessi sono offuscati dal vino.

Wilhelm gli dardeggiò uno sguardo di fuoco. Lo avvertiva di non intromettersi.

Il mercante invece alzò le spalle con una risata. – Il vino è mio amico – affermò. - Mi suggerisce i tiri migliori.

Il mercenario si affrettò a mettere i dadi in un boccale e glielo porse. – A te.

L'uomo lo afferrò con entrambe le mani e scosse forte, poi lanciò i dadi a terra. – Quant'è? – chiese, girando lo sguardo smarrito tra chi gli stava intorno. – Non avete una dannata lampada?

Fu portata una torcia e il mercante guardò con una smorfia di disappunto. – Non ho fortuna.

- Aspetta il mio lancio a dirlo – lo ammonì Wilhelm, con un ghigno che gli raggrinzì la guancia bruciata. Prima di tirare, saettò uno sguardo obliquo alla donna.

Poteva anche essere merce per re, pensò con un brivido di eccitazione, ma, sicuro come l'inferno, quella notte sarebbe stata posseduta da un mercenario.

Il re dei mercenari.

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BOOKTRAILER realizzato da Silvia Basile




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