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Il filo di Arianna

La prima impressione era stata esatta, pensò Arianna, abbandonandosi alle braccia del suo cavaliere e al ritmo incalzante della musica. Da Ottavio Pambieri emanavano forza e risolutezza. Le sue mani trasmettevano davvero qualcosa, ma si rifiutò di approfondire cosa.

- Finalmente – disse lui. – Una serata interminabile, in attesa di questo valzer.

Non era una frase pronunciata col solo scopo di lusingarla. Lo sguardo di Ottavio era dritto e il suo sorriso sincero. – Ma ho una piccola curiosità che spero soddisferete.

Arianna lo guardò interrogativa. – Dite.

– Mi chiedo per quale motivo siate stata l’unica a non partecipare a quel ridicolo complotto.

- Complotto? – balbettò lei, chiedendosi se dovesse ammettere quella circostanza oppure negarla con tutte le sue forze.

- Non offendete la mia intelligenza, Arianna, sapete benissimo di cosa sto parlando. – C’era un’ombra di malinconia nel suo sguardo. – Siete stata l’unica delle dame a concedermi un ballo, quindi mi incuriosisce sapere perché vi siete sottratta al gioco.

- Siete mio ospite, signore – rispose lei. - E io non faccio differenze tra i miei ospiti. – Si pentì subito della frase, ma era in piena confusione e aveva parlato senza pensare.

- Quindi state dicendo che mi avete riservato un ballo perché è vostro preciso dovere di padrona di casa? – Ecco di nuovo quella cupezza nelle sue pupille, quel buio temibile.

- Io…

- Non mi piace che si balli con me per dovere. – Si era fermato di colpo. La ragazza vacillò, sorpresa, e avvertì gli sguardi delle coppie più vicine su di loro. – Vi prometto una cosa, Arianna. La prossima volta che ballerete con me, sarà per puro piacere.

- Cosa fate? – balbettò lei. – Volete interrompere il valzer?… - La sua voce si spense nell’orrore.

- E’ precisamente quello che ho già fatto.

Lo vide allontanarsi di un passo e credette di morire. Non sarebbe sopravvissuta a quell’umiliazione.

– Vi ordino di finire quello che avete cominciato! – sibilò.

Lui fece un mezzo sorriso. – Non potete impartirmi ordini, signora. Non sono il vostro lacchè.

Quindi le voltò le spalle e si allontanò.

Dopo un attimo di esitazione Arianna si ritrovò a camminargli a fianco. Era l’unico modo che le era venuto in mente perché almeno qualcuno non si accorgesse dell’accaduto. E perché coloro che invece se ne erano accorti, nutrissero un ragionevole dubbio.

Ma non solo per quello. Era stata villana e non era sua abitudine comportarsi così.

- Mi dispiace per il tono che ho usato – sussurrò, mentre lo seguiva sul terrazzo.

Ottavio arrivò fino alla balaustra, poi vi si appoggiò per contemplare il parco lievemente illuminato dalle fiaccole.

– Perché dovrebbe dispiacervi? – disse poi piano, senza girarsi. – Non vi hanno forse fatto credere, fin dalla nascita, che quello è il tono più adatto per rivolgervi a chi non appartiene al vostro mondo?

- Non penso di meritare questa ironia. Io…

- Cosa succede qui?

Arianna si sentì gelare. Ancor prima di girarsi, aveva riconosciuto la voce di suo fratello, leggermente su di tono. E infatti Riccardo stava attraversando il terrazzo, insieme con Serpieri e Ludovico.

- Mi concedete un paio di minuti, Ottavio? Avrei bisogno di scambiare due parole con voi.

Arianna avvertì che lui si era irrigidito al suo fianco. Poi lo vide raddrizzare le spalle.

- Sono a vostra disposizione – acconsentì con voce metallica.

- Venite con me, Arianna. – Ludovico si era impadronito della sua mano, facendola passare poi sotto il suo braccio.

Arianna lanciò un rapido sguardo a Ottavio e incontrò un paio di occhi fondi e imperscrutabili.

– Vogliate scusarmi – disse e si allontanò al fianco dell’amico, dirigendosi verso il salone. Cosa aveva Riccardo da dire di così importante al loro ospite? E perché lei era stata allontanata? Arianna sperò ardentemente che il colloquio avvenisse nei limiti del buon gusto e della buona educazione.

Nel salone le danze si erano concluse e lei si affrettò a raggiungere i genitori per unirsi ai saluti. Ma continuava a girarsi verso la portafinestra che dava sul terrazzo e, man mano che i minuti passavano, sentiva crescere il suo nervosismo. Cosa si stavano dicendo quei tre là fuori? Era possibile che Ludovico li avesse raggiunti di nuovo, dal momento che non riusciva più a vederlo da nessuna parte?

- Arianna! – la redarguì sua madre. – La baronessa Galliera ti ha rivolto una domanda.

Appena poté, la ragazza si allontanò e uscì di nuovo sul terrazzo. Non c’era nessuno e neppure si udivano voci, quindi dovevano essere rientrati. Stava già per tornare indietro quando avvertì un rumore leggero. Si avvicinò alla balaustra e si sporse per scrutare nel giardino in penombra. Passi sulla ghiaia. Allora erano ancora lì?

Senza un attimo di esitazione scese i tre gradini che conducevano nel parco e mosse qualche passo cercando di aguzzare la vista.

L’uomo si materializzò all’improvviso, così vicino da farla trasalire.

- Spiacente di avervi spaventata – disse una voce dura e fremente, vicinissima al suo orecchio.

Ottavio Pambieri era a pochi millimetri da lei, solo e chiaramente furioso. Dove potevano essere finiti gli altri?

Arianna cercò di indietreggiare perché la vicinanza le pareva eccessiva e poco opportuna. Ma si ritrovò con le spalle contro il muretto che sosteneva la balaustra del terrazzo.

- Dove sono gli altri? – chiese a disagio, decidendosi a sollevare la testa per guardarlo in viso.

- All’inferno, mi auguro. – Poi accennò un breve inchino. – Mi dispiace deludervi, signora, ma qui ci sono solo io. – La sua voce era un ghigno e gli occhi scintillavano in modo inquietante. Il disagio di Arianna si trasformò in panico.

- Devo andare – disse, ma intanto si era abituata all’oscurità e così notò qualcosa di singolare. Ottavio Pambieri aveva la cravatta slacciata e la camicia aperta sul torace fino alla vita. Le falde erano fuori dai calzoni e della giacca nessuna traccia.

- Cosa è accaduto? – bisbigliò, impietrita dalla paura.

- Vostro fratello e i suoi amici sostengono di avermi visto mentre vi baciavo contro la vostra volontà. E così hanno preteso di darmi una lezione.

- Cosa? Ma… non è vero.

- Questo lo so bene, però si tratta della mia parola contro la loro. Voi a chi pensate che si crederà? – C’era una tale rabbia nella sua voce che di nuovo Arianna ebbe paura. Cercò di fare un passo di lato per sfuggirgli, ma il braccio di Ottavio scattò a impedirglielo. Si era mosso e il suo viso non era più in ombra. Lei poté scorgere i capelli in disordine, qualcosa di scuro sulla guancia, probabilmente terra, e un rivolo di sangue all’angolo della bocca. Con la sinistra si premeva lo stomaco, ma il braccio destro era diritto contro il muro per impedirle di allontanarsi.

– Venite dentro, vi farò medicare – disse in fretta.

- L’unica cosa che ha bisogno di essere medicata è il mio orgoglio – replicò lui a denti stretti. Poi la inchiodò contro il muro e si impadronì della sua bocca con labbra dure ed esigenti.

Arianna avvertì una dolorosa esplosione nel cervello, di rabbia e di impotenza.

– Vigliacco! – singhiozzò, cercando di sottrarsi.

Ottavio si appoggiò su di lei col suo corpo, costringendola contro il muro, poi le prese il viso con entrambe le mani. Erano sporche di terra e lei ne avvertì la ruvida granulosità sulle guance. Per reagire gli afferrò i polsi. – Siete un pazzo. Se grido, mio fratello vi ammazzerà come un cane. – Però stava bisbigliando. Sapeva che era quello che sarebbe accaduto. Se davvero lei avesse gridato, Ottavio Pambieri era già morto.

Lui le soffocò le parole in bocca, catturandole di nuovo le labbra. Arianna avvertì il sapore dolce del sangue e poi il lento movimento del pollice sulla sua guancia. Le labbra che la cercavano non erano più rabbiose, la furia dentro di lui sembrava essersi placata. Il bacio si trasformò in qualcosa di forte e dolce allo stesso tempo, contro cui non aveva senso lottare.

Da quando aveva smesso di fare resistenza? Da quando le sue dita si erano allentate intorno ai polsi?

Si staccò con orrore e Ottavio la lasciò fare. Si guardarono negli occhi, lei furiosa per la sua debolezza, lui con un mezzo sorriso ironico.

- Bene, così almeno li avrò presi per qualcosa, tutti quei pugni e quei calci – scandì con voce gelida.

Un inchino appena accennato, poi le voltò le spalle e in un attimo sparì tra le ombre del parco. Arianna udì il rumore dei suoi passi che si facevano sempre più lontani sulla ghiaia.

Brano scelto e adattato dall'autrice
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