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Aurora d'amore

Era molto tardi quando Riccardo rientrò a casa, dopo una serata rilassante con gli amici.

Dormivano tutti e la casa buia e silenziosa, zeppa di mobili incombenti, aveva un'aria spettrale.

Salutò gli antenati che, alla leggera luce del candelabro, apparivano eterei come fantasmi, e cominciò a salire le scale.

Carlina, la sua amante del momento, gli aveva chiesto di trascorrere la notte insieme alla garçonnière. In una qualsiasi altra circostanza lui avrebbe accolto con entusiasmo la proposta, ma non quella sera. Quella sera aveva voglia di stare solo in una casa che appariva deserta.

Carlina faceva cose incredibili per lui, era assolutamente disinibita. La sera stessa che l'aveva conosciuta si erano chiusi nella sua garçonnière e si erano amati con sfrenata lussuria per tre giorni di seguito. Aveva persino fatto il bagno nel latte, per lui. Era bellissima e sensuale con quel velo madreperlaceo sulla pelle nuda... Solo che, nel guardarla, gli era capitata una cosa strana. Nonostante avesse ordinato tre secchi colmi con l'accesa curiosità di vederla immergersi, seni, fianchi, lunghe gambe agili, quando questo era accaduto, stranamente, non gli aveva suscitato nessuna reazione. Guardava quelle forme voluttuose, velate dalla densa trasparenza del liquido, ma non riusciva ad appassionarsi a ciò che vedeva. Aveva finto di essere colpito, incantato, affascinato, l'aveva presa con doverosa veemenza, ma la sua testa era altrove.

Così aveva capito che la sua inarrestabile passione per Carlina si era spenta. Con la stessa fulmineità con la quale si era accesa. L'unica sensazione che adesso la ragazza gli ispirava, era l'indifferenza. Forse persino il tedio.

Ma a ben guardare questo fatto non era poi così bizzarro, perché gli capitava piuttosto spesso. Le sue violente infatuazioni non resistevano a lungo e il motivo era semplice: non era in grado di provare amore. Un sentimento inutile, che non aveva mai destato il suo interesse. Il fuoco della passione era più che abbastanza per lui, finché durava. Finché trovava donne compiacenti che se ne lasciassero lambire.

Nella sua sregolatezza, però, aveva una parvenza di lealtà. Aveva sempre rifiutato matrimoni di convenienza. Non voleva promettere davanti a un altare qualcosa che sapeva già di non poter mantenere. Non aveva obblighi nei confronti della sua famiglia, e neppure della discendenza, quindi poteva godersi la vita in libertà. Aveva quasi trent'anni e mettere la testa a partito, come diceva sua madre, era davvero l'ultimo dei suoi pensieri.

Era arrivato in camera. Poggiò il candelabro sul cassettone e cominciò a spogliarsi. Lentamente. Riflettendo. Si tolse la giacca, cominciò a sbottonare la camicia...

I suoi pensieri si fecero più lenti, seguendo il ritmo rilassato dei gesti.

Prima gli parve di avvertirne il profumo. Leggero ma persistente. Inconfondibile profumo di verbena.

Poi rivisse la sensazione di quella seta lieve sotto le dita, la leggera curva della schiena, il tepore della pelle. E la carezza dei ricci color rame sulla mano che le cingeva la vita.

Eugenia di Poggio Alto.

L'algida baronessina si stava sciogliendo come morbido miele, liberando fragranze sconosciute. Profumava di donna. Profumava di passioni segrete.

Respirò, a corto di fiato.

Aveva sempre provato un'istintiva antipatia nei suoi confronti. L'aveva osservata da lontano, diffidente. Non era adatta al suo amico Tomaso. La vedeva troppo simile alla propria madre. Donne che vivono per far espiare ai compagni di vita colpe spesso inesistenti. Donne che, sorridendo, regalano infelicità. Invece adesso scopriva che non c'era creatura al mondo più diversa da sua madre della giovane Eugenia.

Bella, brillante, ironica.

Aveva colto gaiezza in lei e intorno a lei. Quella sorellina ridente, le note limpide del pianoforte, la passione per i cavalli. Come aveva fatto a dare di sé, fino a quel momento, un'immagine così spenta? Così irritante? Lei che era luce, vivacità e irresistibili risate?

Sorrise, sentendosi traboccare di un languore sconosciuto.

Si sfilò lentamente la camicia. Molto lentamente. I suoi pensieri erano fuori controllo. Spaziavano in libertà.

Desiderò pelle sulla pelle. Quella calda e liscia di Eugenia. Desiderò morbida compattezza, sotto le dita. Quella dei suoi seni, dei suoi fianchi eleganti. Desiderò labbra tra le sue labbra. Respiro nel suo respiro. Gemiti contro la gola. Gemiti di irrefrenabile passione.

Respirava velocemente, in affanno.

Stava facendo l'amore con lei. Stava entrando in lei, terra segreta e inesplorata. Eden misterioso. Nido caldo di profumi.

Dannazione, imprecò furioso, lanciando a terra la camicia. Devo essermi bevuto il cervello.

Non c'era altra spiegazione.

Brano scelto e adattato dall'autrice
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